Pinocchio è uno dei personaggi più noti e raccontati. La storia di Collodi è stata raccontata in tanti modi e con supporti diversi ed infatti è al secondo posto tra i libri più tradotti nel mondo. Tutti conoscono la sua storia, anche se non tutti hanno mai letto l’edizione originale per intero, magari perché hanno visto il cartoon disney o i vari adattamenti cinematografici. Per non parlare delle illustrazioni che si sono alternate nel tempo, una più bella dell’altra.
Dalla storia di Collodi pubblicata ad episodi sul giornale per cui scriveva al libro intero, dalle illustrazioni al cinema, Pinocchio è diventato sempre più una icona cross-mediale e come tale può essere utilizzato, però, anche in modo diverso, per raccontare nuove storie, nuovi messaggi. È il bello dell’arte della narrazione, basta immaginare, tutto è possibile.
Tomonori Tanigughi, nel suo Pinocchio, il burattino di ferro, edito da Donzelli Editore, ne riscrive la storia dell’amato personaggio. In questo bellissimo albo illustrato non è più un burattino di legno ma di ferro, un personaggio a metà tra il Pinocchio a noi noto e l‘uomo di latta è del meraviglioso mago di Oz, di L. Frank Baum.
Le immagini dell’albo ci proiettano con toni scuri e tetri dentro un tendone, dove Pinocchio, burattino di ferro, lavora senza sosta. Il suo corpo è rappresentato da una striscia di alluminio, distinguibile anche dal tatto. A forza di lavorare troppo duramente il suo corpo inizia ad arrugginire, al punto di non riuscire più a muoversi. Costretto a lasciare il circo, riesce a ritrovare se stesso, solo dopo aver attraversato un bosco buio, metafora da sempre del passaggio e dell’introspezione. La voglia di fare torna a poco a poco e anche i colori e i toni delle immagini cambiano, schiarendosi e diventando sempre
più vividi.
“Ed ecco che il corpo di Pinocchio torno a brillare
e tutta la bellezza del mondo vi si specchiò”.
Un albo davvero bellissimo che parla di come il dolore ci può trasformare, tanto da influenzare anche il corpo fisico. Una storia profonda, che parla di tristezza e felicità, di perdita e rinascita, della narrazione del sé, che può essere un ottimo spunto per percorsi di introspezione e di narrazione emozionale.